lunedì 28 maggio 2012

Cosmopolis - Don De Lillo (Libro) David Cronenberg (film)


Eric Parker è il giovane fondatore di una delle principali holding finanziarie del mondo, possiede un jet privato e tre piani di un grattacielo nel centro di Manattan, dove tiene uno squalo bianco in un acquario nel bel mezzo del salotto. Eric può decidere con un click della rovina o della fortuna di milioni di persone, ma per soddisfare il suo ultimo capriccio (recarsi dal barbiere di fiducia) deve mobilitare tutto il suo apparato di sicurezza; il background è quello della crisi finanziaria  2001, del tutto simile a quella odierna, e il multimiliardario è un obbiettivo sensibile: ecco che una semplice passeggiata si trasforma in un'Odissea in Limousine attraverso le strade della Grande Mela. Il riferimento a Joyce è un "mea culpa" dello stesso De Lillo: le affinità tra l'Ulysses e Cosmopolis sono evidenti nell'unità spaziale e nella discrepanza tra tempo della storia (un giorno) e tempo del racconto. Tuttavia, credo sia possibile comprendere Cosmopolis e la sua vicinanza all'Ulysses dalle sottili divergenze, piuttosto che dai macroscopici punti in comune. Innanzitutto, Leopold Bloom è a piedi, mentre Eric Parker non scende quasi mai dalla sua vettura. Il primo si barcamena in una Dublino paralizzata, il secondo è paralizzato nella sua automobile e sembra l'unico punto fermo di una città che si srotola dal finestrino e di una civiltà della cui rovina è complice (Bloom, nella sua indifferenza borghese, è complice della stasi irlandese.) Il baricentro di Leopold è investito dal flusso di coscienza e dal moto browniano del suo girovagare, al contrario l'instabilità di Eric è mediata dal suo rimanere immobile nella limousine; ma la prostata  del giovane è asimmetrica: l'espediente attraverso il quale De Lillo ci conferma che il disequilibrio del protagonista esiste ed è del tutto interiore. Se il mondo non sa che farsene del piccolo borghese Bloom, il grande speculatore Parker non sa che farsene del mondo, modellato secondo le regole del Cyber-capitale (le sue regole) che non valgono per la biologia: il limite al potere di Eric è perciò Eric stesso, nella parte di lui che sfugge alle manie di controllo sue è della società in cui è calato. La prostata asimmetrica è dunque l'equivalente del flusso di coscienza: entrambi esprimono il conflitto tra una società normalizzata e la libertà (l'asimmetria) della natura umana e del pensiero. Continuando nel parallelo, osserviamo che l'itinerario di Leopold è circolare: si tratta della sua daily routine, che comincia e finisce tra le mura domestiche; al contrario, il viaggio di Eric parte da una rottura con la sua quotidianità ed è rettilineo. Analogamente, l'evoluzione del personaggio Bloom è quella del "ritorno all'ovile", che si conclude con la rivalutazione (rassegnata) dell'intimità borghese. Il percorso morale di Eric appare invece lineare: quello del miliardario che finisce per spogliarsi di tutti i suoi beni; un nostos, in realtà, dalla corruzione del danaro a un senso di umanità primigenio che conduce all'accettazione catartica della morte violenta. L'assassino di Eric è Benno Levin, figlio "morale" del protagonista (come Stephen per Bloom) vittima e presunto carnefice del finanzcapitalismo del quale Parker tiene le redini. Alle confessioni dell'omicida sono dedicati ben due capitoli del romanzo: Benno è una pedina che ha perso il suo ruolo nella scacchiera totalizzante del mercato ed ora cerca vendetta. La perdita del lavoro lo ha illuminato a proposito delle asfittiche relazioni umane e di potere che dominano la società contemporanea, per cui ha scelto (è stato costretto al) l'isolamento. La povertà dei rapporti interpersonali, del resto, non risparmia lo stesso Eric; se nel libro i toni profetici di alcuni personaggi ne "nobilitano" l'inconsistenza, nel film di David Cronenberg suppliscono le scelte registiche. Nella pellicola, infatti, domina la claustrofobia dei primi piani e della limousine dove si "consumano" (nel vero senso della parola) quasi tutte le relazioni sessuali e umane del giovane protagonista (nel libro il numero degli incontri che si svolgono al di fuori della vettura è maggiore.) Altro particolare rilevante: i dialoganti sono inquadrati contemporaneamente solo quando necessario, altrimenti rimangono ognuno nel proprio solipsismo; questo avviene addirittura in un amplesso (quello con la critica d'arte) durante il quale la donna è di schiena rispetto ad Eric ed entrambi sono completamente vestiti. Magistrale, inoltre, lo scambio di battute tra il barbiere e l'autista del miliardario nel quale l'espediente registico contribuisce in maniera determinante a rendere inconciliabili le esperienze dei personaggi. Peccato, nel film, per il taglio di una parte fondamentale: quella in cui il giovane si ritrova in Time Square (?) insieme a migliaia di altre persone; sono tutti nudi… Peccato, poiché si trattava del punto di arrivo del suo percorso di spoliazione e solo a questo punto la moglie, frivola e sognatrice, acquista un ruolo nella vicenda. Ad ogni incontro con la donna, infatti, il protagonista è ripreso senza un accessorio di abbigliamento (prima la cravatta, poi la giacca) e la nudità finale poteva rendere visivamente il compimento della sua evoluzione "francescana" (cosa che, a mio avviso, accade concettualmente nel romanzo.) Nonostante questo appunto, il film è assolutamente da vedere - come il libro è da leggere - anche per riabilitare la figura di Robert Pattinson la cui interpretazione è stata quantomeno dignitosa.

-Renzo

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